L’Adolescente

L’Adolescente ha i tratti mobili di un’attrice di teatro, gelo, tempesta e primavera in un sguardo.
L’Adolescente non tratta, non fa prigionieri. Conquista ogni centimetro assaltando alla baionetta il Monte Nero.
L’Adolescente ha la tenerezza di un mandorlo fiorito, delle foglie quando spuntano e sono di quel verde marrone indefinibile.
È caparbia, assolutista. Per lei bianco e nero sono trascurabili sfumature. È guerrigliera e pucciosa, vuole stare a testa in giù e vuole il suo peluche.

Non va troppo d’accordo con il gatto.

Contesta, l’Adolescente.  Contesta dove trova terreno, contesta la sorella e il papà. Contesta chiunque sia disposto a darle qualcosa da contestare.
Alla mamma rivolge accuse lapidarie, danno tutti la colpa a me; e lui ha detto, e lei ha fatto, Donna, come fai a non capire che questo non è accettabile?

L’Adolescente è adorabile. Quando è felice, arriccia il naso e vibra, come un assolo di basso. Trilla. Le sue maestre dicono che è un tesoro, che è brava, che è permalosa, che è diversa dalla sorella. Che scrive male perché ha i pensieri che vanno troppo veloci, e bisogna chiederle (con gentilezza, vurìa mai) di rallentare un pochino, per dare forma ai pensieri, perché checché se ne dica la forma stessa è significato.
L’Adolescente è timida. A meno che non sia esuberante. A meno che non sia offesa. A meno che non sia felice in modo incontenibile.
L’Adolescente è espressiva. Le passa il mondo negli occhi color temporale. È anche vergognosa, e per farle dire cosa diamine c’è che non va servono un giorno di ferie, tanto caffè (per la mamma) e caramelle (per lei, da mettere sul tavolo dei negoziati).

L’Adolescente un attimo prima vorresti morderle il naso dalla rabbia, l’attimo dopo non hai nemmeno pensieri abbastanza grandi per amarla.

L’Adolescente odia i lunedì, odia quel giorno lì, un pochino meno da quando ha scoperto che lo odia anche Vasco e così lo odiano insieme, a suon di youtube il lunedì mattina.

L’Adolescente vuol fare la youtuber, ma anche la chef, ma soprattutto vuole farlo a casa con la mamma.

Ah sì, dimenticavo.
L’Adolescente ha 7 anni.

Ah, l’Infanta? L’Infanta sta bene. 60% Lady Violet, 20% Calvin, 20% Hobbes.

 

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Una sedia.

Disclaimer.
Questo è un post ad alto contenuto di retorica, e non bastasse incomprensibile ai più.
Tuttavia andava scritto (non necessariamente letto ma scritto sì).
Certi addii hanno bisogno di parole per diventare ricordo.

 

Il Mondo era un galantuomo, uno in grado di dire lapalissiano in un’intervista a Tuttosport. E quel gesto non lo amava.
Lo aveva definito maleducato, e va a sapere se era una battuta sorniona o era vero. Ad ogni modo si era rifiutato di ripeterlo, perché noi siamo gente seria e non facciamo pagliacciate; così facendo, sottile com’era, sapeva di sicuro che avrebbe consegnato quell’immagine alla storia.
Non alla storia normale, alla nostra storia.
La storia di noi tutti insieme, e di ognuno di noi.  Quel gesto ha costruito un pezzettino di identità collettiva, e molti pezzettini di identità individuale.
Per quanto crediamo di fondare il nostro essere su grandi certezze, è di questi pezzettini che siamo fatti e cementati.
Va beh, ma una sedia?
Una sedia, se serve.
A volte in una sedia c’è un mondo.
In quella c’erano un mondo e la sua definizione.

Non solo.

C’erano un sacco di cose.  Comprensione, affinità, bellezza, rabbia, amore.
Il Mondo non amava quel gesto, forse.
Ma in quel gesto l’abbiamo riconosciuto, in quel gesto l’abbiamo dichiarato nostro, per sempre e poi ancora un po’.
Se vi sembra poco come insegnamento, che si possa essere riconosciuti e amati nei nostri momenti bui, nella rabbia, nella sconfitta, nell’alzare una sedia al cielo, se vi sembra poco buon per voi. Perché è cosa di infinita speranza.

Noi per conto nostro lo immaginiamo così, nel Grande Stadio lassù.

Non è solo per questo che Seavessi ha pianto per due giorni, finché NonnoG si è volontariamente offerto di portare lei e le ragazze allo stadio.
Il Mondo era lì in certi momenti perfetti. Quando Seavessi, e di conseguenza tutti coloro che aveva intorno, qualsiasi fosse la loro età, erano perfetti e immutabili ed eterni. E ci sarebbe sempre stata, domani un’altra Amsterdam dove tornare.
Momenti in cui  le notti erano sempre piene di stelle.

Si può, è normale, cedere al rimpianto. Si possono piangere lacrime calde e amare per le stelle che sono cadute, mentre sei in macchina un venerdì sera, e Mika canta Last Party, e il MaritoNP capisce ma non del tutto perché non può, e dice che così è la vita, e sembra che nel mondo non ci siano sedie abbastanza per tutto ciò che è andato.

Ma poi si scava e bisogna scoprire che niente è perduto di quella perfezione. Non un viso, non una lama di luce sull’erba, non uno scherzo, non un briciolo d’amore.  Tutto è intatto nel nostro cuore. Tutta la gratitudine per ciò che è stato.

Nel nostro Mondo.

 

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Signoramia, il Natale

Signoramia,

il Natale, il consumismo,

i regali per parenti che dimentichi per i restanti 11 mesi e mezzo,

le renne luminose da metà novembre, Signoramia,

biglietti da scrivere quando ormai la biro in mano ci fa strano

gente che inizia a studiare i menu ad agosto

(no siamo precisi, il 16 agosto. San Rocco.)

Gente che riesce ad appiccicare al povero San Rocco il ruolo improbabile

di Santo Patrono del Menu di Natale.

gente che a metà ottobre costringe le figlie accaldate a sorridere

da sotto i cappelli a forma di albero di Natale

perché è ora di fare stampare i biglietti di auguri

Signoramia le musichine che iniziano a martellarti appena dopo i Santi

fino al giorno che lo sai, lo sai che arriva la Mariah e da lì non c’è scampo.

Signoramia, questi che riempiono il ueb di alberi di Natale

sotto Natale, che idea balzana,

inappropriata.

Signoramia I MERCATINI! I borghi improbabili intasati di bancarelle improbabili

e improbabili vin brulè nel bicchiere di plastica bianco

Signoramia ci tocca anche quest’anno, fare gli auguri a gente che eviteremmo,

quello che dice che lui vorrebbe sparire fino al 7 gennaio

e mentre te lo dice ti arrubba l’ultima cosa inutile luminosa dal bancone della Lidl

Signoramia per i bambini, sa.

comprare un cesto di scorta per ricambiare il regalo imprevisto

e ritrovarselo intonso a metà gennaio

insieme a 6 pandori e 8 panettoni di cui 2 senza canditi ma perché! Signoramia a me piacciono i canditi

E la crema al mascarpone che non monta.

Signoramia, fare colazione col panettone pucciato nel caffè fino a maggio,

e le renne, le luci, la Mariah, ZUCCHERO SIGNORA MIA ZUCCHERO!

gli alberi nel ueb, fare gli auguri, scrivere i biglietti, cercare i regali,

scampanellii, OH OH OH, la recita di Natale, che non si vede mai un piffero e si sente anche peggio,

spedisci i biglietti, andranno bene questi francobolli col valore in sesterzi romani?

e cucinare cucinare cucinare il menu che hai deciso a San Rocco

Signoramia,

 

adoro

tutto 

questo.

 

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La pena del libro da leggere

L’Infanta da qualche giorno è scostante e sbuffosa.

L’Infanta fa i conti con la prima volta che i compiti di scuola le pesano.

L’Infanta sbuffa e bofonchia. Probabilmente, lontano dalle orecchie materne, tira qualche accidente.

E niente, c’è poco da fare.

Il libro è brutto.
Che sia di fatto un capolavoro, una perla per lettori sensibili e ben disposti, che racchiuda tesori di letteratura e insegnamenti morali, può anche darsi. Chissà.
Fatto sta che di nascosto, per capire i motivi di cotanto incarognimento filiale, il libro l’ha letto anche Seavessi.
E niente.

Il libro è brutto, e brutto rimane.
Il libro della biblioteca scolastica da leggere per compito ha incontrato due impreviste secche sabbiose e lì s’è arenato: la prima è la capricciosa ma istintiva antipatia di Seavessi per i libri del Battello a Vapore. Oh, ognuno ha le sue. Hanno quell’aria… così specifica. Così confezionata per un’età specifica. Hanno l’aria di medicine da propinare, vitamine per la mente, allenamento per il cervello, insomma quell’aria sana ed energica che a Seavessi fa venire voglia di leggere harmony solo per dispetto.
La seconda secca sabbiosa è che l’Infanta per leggere il Libro Brutto ha dovuto interrompere (tempo tiranno) il libro che invece le piaceva, un’avventura della Signora Ramotswe fra torte di frutta e officine meccaniche, e così sbuffa.

Legge ma sbuffa.

Si imbosca in camera per leggere più veloce senza distrazioni. Per la prima volta conta le pagine. Fa apprezzamenti poco carini su tale Carolina e e tale Gunnel che nel libro bisticciano a scuola per motivi loro, e almeno si sbrigassero a bisticciare che mamma, guarda, ho finito un altro capitolo, non ne mancano tanti.

Seavessi, abituata al lusso di un’Infanta che naviga attraverso i mari procellosi dei compiti con la naturalezza di un pirata caraibico, sbuffa pure lei. Dentro.

Fuori emette proclami imbarazzanti, di questo livello e tenore:

“Coraggio Infanta, sono compiti, leggi veloce tanto per fare la scheda” (ehm. Davvero? Come vanificare qualunque intento didattico? Sicura?).

“Devo solo leggerlo, non è che deve anche piacerti” (Seavessi, va che è appena passato Pennac e ti ha rigato la fiancata, va, va che è lì che ti riga pure l’altra).

“Basta è una pena cerchiamo una scheda su Goo-” (No dai questo no, per favore, anche no)

“Infanta, finiscilo, abbi pazienza. Se lo finisci per tempo mamma ti compra l’ultimo della Signora Ramotswe. Non sbuffare amore, occhi sul traguardo e cuore oltre l’ostacolo”.

L’Infanta sospira. “Mamma va bene, ma è brutto”.

E arrancano faticosamente, Seavessi e l’Infanta, attraverso le steppe del libro brutto.

Che fatica i libri brutti.

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Open Day

La maestra nuova  aveva la voce da maestra. In realtà non ce l’hanno tutte le maestre, ma deve esistere una circolare segreta del MIUR, degli agenti segreti speciali che trovano i bambini con questa voce e li fanno diventare insegnanti. Delle elementari.
Dunque la maestra aveva questa bella voce da maestra, chiara, limpida, di quelle che si sentono sopra le teste dei bambini.

I bambini invece erano piccoli, si tenevano per mano nei grembiulini rosa e azzurri ma ancora per po’, oh, per così poco. Le mamme dietro, cariche di giacche giacconi cuffie fratellini e ansie.

La scuola era calda. Le scuole a novembre e dicembre sono o inesorabilmente calde o fredde che se guardi dalla finestra vedi arrivare gli Estranei, dipende dal particolare capriccio che fa la vetusta caldaia scolastica in quei giorni.

Così i bambini Rosa e Azzurri seguivano la Maestra, che li accompagnava in una specie di caccia al tesoro, attraverso le classi, Bambini cerchiamo la classe con su scritto UNO! Trovata? Allora bussiamo, ma OH! Chi sono quelli? sono i vostri compagni dello scorso anno! Chiediamogli se stanno bene in questa scuola!
Naturalmente, fra i Bambini, c’era anche una Bambina biondoriccia, seria come si è seri solo a 5 anni (quasi sei MAMMA!), con gli occhi color temporale spalancati e scansionanti e spietati.
O almeno spietati sembravano alla Mamma, in fila ordinata con le altre Mamme.
La Mamma si sentiva un po’ vacante. Come quando si dimentica a casa la borsa, e ci si sente la spalla leggera e disagiata e non si capisce perché finché non si cerca tastandosi i fianchi, come se la borsa potesse essersi nascosta in una tasca o in una cucitura del cappotto.
La Mamma si senti sentiva vacante perché non ce l’aveva, un fratellino per mano. Quella che era stata la Sorellina, ai tempi, ora era lì e puntava occhi tempestosi sui Bambini col Grembiule Nero. I Grandi. I Pro.
Solo pochi mesi, pensava la Mamma.

La Maestra nel frattempo aveva finito la sua caccia al tesoro, e il serpente di bimbi Azzurri e Rosa era approdato nella classe con su scritto CINQUE!, dove dei Bambini Grandi (per gioco, ora, ma pochi mesi, solo pochi mesi) avevano ceduto loro il posto, e li aiutavano a colorare e appiccicare e glitterare un disegno con un albero di Natale.

La Bambina biondoriccia è impegnata a colorare di verde con la sua precisione tignosa l’albero formato A3.
Qualcuno la incoraggia a disegnare anche le palline colorate.
La Bambina biondoriccia senza sollevare il naso da quel verde perfetto, dice:

No.

 

Revoluciòn, le Elementari ci aspettano.

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Mamma?

…allora bambine sentite, mamma deve scrivere una cosa nel compIuter, deve scriverla adesso perché mamma in testa ha la ghiaia e quel che deve scrivere sta già drenando via come lacrime nella pioggia, e se non si sbriga a scrivere ste tre robe che si ricorda andranno (appunto) perdute nel tempo, in mezzo agli orari di ginnastica e alla ricetta del pan d’arancio. Allora bimbe per favore per un po’ non chiamate la mamma, ok? Vi accendo i cartoni, vi lascio giocare con i wizzis GUAI CHE ME LI PERDETE, ma per favore non chiamate la mamma.

_(in coro) (angelico) certo mamma!

_(dunque come si apriva già word? questo robo qui con scritto 2003?)

_(Infanta) MAMMA MAMMA!

_(Orsù amici pensieri! Diamoci una bella mescolata!) dimmi tesoro?

_mi firmi i voti sul diario?

_certo tesoro ecco. Ora per favore…

_MAMMA ASPETTA!

_(zumba anyone?) sì cara

_mi firmi anche questo voto di immagine (?) di seconda elementare che mi son scordata di farti firmare nel 2015?

_certo tesoro, ora però per favore vai di là e non chiamarmi per un pochino.

_(con giusta indignazione) certo, mamma, l’hai già detto.

_(dicevamo. word. clicco qui e dovrebbe aprirsi…)

_MAMMA!

_(DESPACITO SUAVE SUAVECITO su pensieri VAMONOS!)

_sì Revoluciòn dimmi.

_Mamma posso essere anche io una Pampira? Puoi chiamarmi Pampirina?

_Non ho nessuna difficoltà a farlo, Revoluciòn. Tu puoi essere tutto quello che vuoi, lo dice anche la pubblicità della Barbi, lo dice il libro delle bambine ribelli, lo dicevano quelli della Lego pure 20 anni fa, puoi essere una Pampira fin che ti pare. Se inizi a sbrilluccicare risparmiamo sulle luci di Natale.

_ (allora aspetta che metto il font su times niu roman. come si faceva.)

_MAMMAAAAA

_ (Ci son due coccodrilli ed un orango tango, due piccoli serpenti, un’aquila reale un gatto un topo un elefante E I LIOCORNI??? che fine orribile hanno fatto i liocorni?)

_tesoro avevamo detto di non chiamare la mamma per qualche minuto…

_mamma quando mi dici buonanotte puoi dirmi Buonanotte Pipistrellina?

_sì tesoro pipistrellina mia.

_(com’era per fare venire le righe tutte uguali… sarà sotto paragrafo?)

_MAMMA hai finito di scrivere?

_(Twist it! Shake it, shake it, shake it, shake it baby!) no Revoluciòn, scrivo un’altra volta.

_e cosa dovevi scrivere?

_(mare, profumo di mare, con l’amore io voglio giocare, è colpa del mare, del cielo e del mare, io non ci credevo, ma posso SOGNAREHHHHH) non lo so amore, non mi ricordo.

 

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L’avventura del Ferro da Stiro

C’era una volta una Seavessi, ed era veramente un’altra vita e un altro mondo e un’altra Seavessi, e di questo in generale ringraziamo il Cielo benigno e riparatore.
Insomma in questo altro mondo, Seavessi scriveva cose, che alcuni leggevano, e un giorno ad una azienda, per il tramite di una società di marketing specializzata in mamme dalla tastiera facile, a questa azienda venne l’uzzolo di mandare a Seavessi un ferro da stiro, anzi un Ferro da Stiro, di quelli superipermegafanta, che gli manca giusto il teletrasporto ma ci stiamo lavorando signò.

Il Ferro da Stiro era meraviglioso.

Fast forward, 4 anni dopo.
Il mondo di Seavessi si è ribaltato – in meglio sotto ogni aspetto, anche se dal di fuori non è sempre immediato capirlo. L’Infanta è una novenne con più buonsenso e indipendenza di quel che Seavessi avrà mai.
Revoluciòn è Revoluciòn e sempre lo sarà e ringraziamo tutte le stelle del Cielo anche per questo.

Seavessi continua la sua carriera bidellica grazie alla quale ha scoperto cose e persone stupende e trovato una sua dimensione e un imprevisto equilibrio.

E il Ferro da Stiro?

Ecchellà.

Ieri improvvisamente il Ferro da Stiro ha smesso di funzionare. Così, un attimo prima era lì con tutte le sue belle lucine accese e un attimo dopo non rispondeva più  ai tentativi di rianimazione, cambia la schuko  trova un’altra schuko  niente non  è la schuko.

Niente. Niente più lucine, niente stiraggio superipermegafanta. Nisba. Niet.

È andata in crisi, Seavessi, e NonnaG se sapesse quanto le tirerebbe le orecchie.

Ma per il Ferro da Stiro? Ma sei scema?

Sì. No. Anche.

Il Ferro da Stiro si ricompra (ma non sarà ma il MIO, come lui nessuno mai). Ma il Ferro da Stiro, ecco…

era arrivato perché qualcuno aveva pensato, bontà sua, che Seavessi fosse brava, fosse capace, sapesse fare, sapesse, almeno un po’, scrivere.

Sono passati anni da quando Seavessi scriveva con una certa serietà (BUAHAHAHAHAHA) o perlomeno costanza, ma il Ferro era lì, a ricordarle che quelle cose c’erano state.

E il Ferro era rotto. E nessuno in città era disposto ad aggiustarlo, e neanche ne sarebbe valsa la pena, infine.

Ma a Seavessi quel Ferro rotto faceva male.

Finale della storia? Post motivazionale per dire che non c’è nessun Ferro (l’attesa del Ferro non è essa stessa il Ferro?) ma solo la voglia di riprendere in mano il timone della propria esistenza e veleggiare verso nuovi lidi magari in Grecia con Giovanna giusto che siamo a ottobre ed è quantomeno prematuro?

Ma quando mai.

Tornati dalla spesa, l’Infanta, personcina risolutiva, cerca di accendere il televisore. Niente. Seavessi sta già pensando di chiamare Don Cesare per benedire la casa e togliere il malocchio agli elettrodometici, quando l’Infanta dice Mamma, c’è qualcosa che non va nella luce.

Rapido controllo al quadro elettrico. L’asciugatrice capricciosa ha fatto saltare l’interruttore che dà corrente alle prese.

Non era rotto il Ferro, mancava solo la Linea.

Bastava rialzare l’interruttore, e ricordarsi di non mettere in funzione troppe cose tutte insieme.

Vedi un po’, come farsi fare la morale da un quadro elettrico.

 

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Cinque

Tu quinta punta della mia stella,

Tu quinto lato del mio quadrato,

Tu mio quinto punto cardinale, che punti verso l’ignoto e affascinante,

Tu ultimi cinque minuti sotto il piumone prima di alzarsi,

Tu ancora cinque baci la sera,

Tu Lucine di Natale ancora accese

perché le Lucine sono coraggiose e non si spaventano del buio e se ne fregano del freddo

Tu che canti Vasco e fai EEEEH like a pro,

Tu che rovesci il mio punto di vista sul mondo

cinque volte ogni mattina prima di colazione,

Tu che in effetti a volte due più due fa altro che cinque,

Tu che sei così bella quando dormi, e ancora di più quando balli.

Tu che quando mi sento sola mi vieni a fare colpamia,

Tu che sei tu, e ho detto tutto.

 

Buon Polcheanno Revoluciòn.

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Nevica nevica nevica

Nevica nevica nevica,

pochi fiocchi e magari fra dieci minuti smette, ma c’è quel bel cielo buio che promette bene,

e fuori ci sono i fili delle ragnatele ghiacciati che sono una delle meraviglie della natura, e fa un bel freddo, mica come lo scorso anno che era una schifezza e sembrava ottobre,

e nevica nevica nevica e io son qui in casa a incartare e gia’ che ci sono ho acceso tuuuuutte le lucine disponibili perché nevica nevica nevica e fra poco è Natale!

E sì la neve è scomoda se bisogna andare a lavorare e tutto il resto, ma intanto nevica e io ho le lucine accese e le carte da regalo sul tavolo, e sì, probabilmente avrò dieci anni per sempre,

e sapeste che bellezza, che fatica, avere dieci anni per sempre con tutto che la’ fuori è un brutto mondo e fare quelli cinici e smagati va di moda, ma io avrò dieci anni per sempre, almeno un po’, e me ne vanto.

Perché fuori nevica nevica nevica e fra poco è Natale

e perché mai dovrei rinunciare a tutto questo?

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Stirare, a luglio.

Stirare a luglio è un concetto che il pensiero non considera.

E’ poco moderno.

ma siccome Seavessi ha provato a seguire i millemila trucchi per non stirare affatto, e ha scoperto che a mettere in pratica i trucchi, coordinare le lavatrici, stendere con precisione millimetrica e poi viene il temporale, Giuda ballerino, ci mette il doppio del tempo di quello che ci mette

a stirare

a luglio.

Stirare a luglio è zen.

perché alzarsi presto per stirare ti arrivano in casa gli ispettori dell’ONU e fanno no col ditino.

Stirare la sera in cucina dove non c’è GoT e Billions e le repliche di Will & Grace (che significa volonta’ è grazia, e se davvero stai trovando significati mistici nel titolo di una sitcom è perché sì, stai stirando. A luglio) comunque no, stirare la sera no.

Così si stira ora, quando il ricircolo dell’aria è al minimo storico, e il caldo è immobile, e da fuori arrivano le voci delle young ladies, grilli o cicale o altri orribili insetti, e cinguettii come non ci fosse un domani, ma allo stesso tempo arriva dietro tutto questo tanto silenzio.

Un silenzio estivo che fa molto It, non la parte paurosa, la parte di struggente bellezza.

Fa molto Via col Vento e tè freddo nel portico e pisoli, che non stai facendo, perché stai

Stirando,

a luglio.

E sia detto con perdono, senti la gocciolina di sudore che ti scende lungo la schiena, e, mentre spiani l’ennesima maglietta di Elsa, ironicamente ghiacciata, getti il cuore oltre l’ostacolo e pensi dopo vado in piscina.

A quel punto diventa bello. Diventa zen, anche se è pure sempre stirare a luglio, quindi una cosa abbastanza idiota, ti lasci avvolgere di silenzio e cinguettii e rumore di figlie in bici.

Pensi al caldo pigro di un primo pomeriggio in spiaggia,

sogni il mare,

e cose lente e vuote di pensieri.

E prendi la prossima maglietta.

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